Pozzecco, la prima volta a Bologna da ex

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00sabato 24 novembre 2007 15:07


FONTE: Sito Uff. Fortitudo Bologna


E adesso arriva lui, Gianmarco Pozzecco. Lo diciamo con un sorriso, quello che certamente darà a mani basse sia prima che durante e dopo la gara di domani sera al PalaDozza tra UPIM Fortitudo e Pierrel Capo d'Orlando (palla a due alle 21). E' il primo ritorno di Poz da avversario, mentre più di una volta è venuto a trovare amici ed ex-compagni e ad assistere alle loro partite. Sicuramente il sapore sarà diverso, di certo più intenso, ed è altrettanto vero che al figliol prodigo Poz verranno tributati gli onori di chi ha saputo mettere il cuore davanti a tutto, rinunciando in estate al salto di sponda dalla Effe alle Vu nere (pur con Spagna e Russia di mezzo, e magari in più con lecite motivazioni di riscatto dopo il brusco addio di allora) e preferendo ripartire da Capo d'Orlando per un'ultima (davvero?) grande stagione da protagonista quale è sempre stato, nel bene e nel male. Giusto allora "rubare" l'introduzione della gara e dedicarla a lui, Gianmarco Pozzecco, perchè sappiamo bene che domani sera ci sarà il bisogno assoluto di concentrarsi sulla partita e sulla ricerca della vittoria da parte di tutta la Fortitudo, dalla squadra ai tifosi che le daranno sostegno. E proprio di lui, che ebbe un ruolo importante in un ciclo biancoblù culminato con la conquista dello scudetto del 2005 (proprio un paio di mesi dopo la decisione di separarsi...), manterremo sempre il ricordo dello straordinario giocatore, condizionante quanto si vuole ma realmente unico, ma soprattutto della simpatia e bontà del ragazzo, forse fin troppo costretto dal personaggio a non avere mai mezze misure fino al punto di aver pagato lui stesso per questo. Qualcuno ha detto: lui è tre persone in una a seconda dellee situazioni e forse persino delle ore della giornata: Gianmarco, Pozzecco e Poz. Mai stati così d'accordo, ed impossibile non ammirare il giocatore Pozzecco a prescindere dalle scelte tecniche, così come non provare una simpatia irresistibile per il personaggio Poz, ma soprattutto affetto per il ragazzo Gianmarco.

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00domenica 25 novembre 2007 12:14
Fortitudo, sei di nuovo grande

Sofferta vittoria in volata 94-91 contro Capo d'Orlando dell'ex Pozzecco

FONTE: Corriere di Bologna
AUTORE: Daniele Labanti


La faccia tetra di Mazzon, imboccando il tunnel che dà sul campo, era il tangibile segno che sarebbe stata una serata di sudore, drammi, sofferenze. Sono valsi, almeno, per una vittoria pesantissima e il tecnico li ha sfogati tutti in 2", fra l'errore di Slay e la schiacciata in contropiede di Thomas che sigilla la contesa sul 94-89. A suon di cazzotti dati e mancati, Fortitudo e Orlandina sono arrivate alla volata: a 3'03" Diener si sblocca, 86-84, Jenkins segna l'88-84, Calabria scaglia sul ferro una tripla, ancora Diener per l'88-87 a 1'18" prima del sorpasso dalla lunetta di Slay, 88-89. Palpitazioni, serve uno che segni ed ecco Orazio dalla lunetta, 90-89, Diener sbaglia da tre in faccia a Thomas. Gioia. Lì la Pierrel salta un giro, Jenkins 2/2 a 24", 92-89, il ferro sputerà il tiro di Slay. Vinta.
Il preview è un lungo retroscena, nell'attesa di capire se Nelson, rotto, possa almeno spendere qualche minuto. Il giocatore si cambia, prova, in campo, ma bastano un paio di sforzi per capire che il muscolo della coscia sinistra non tiene. Vorrebbe giocare, sapendo che la sua presenza o meno, in ottica futura, significa restare o partire. I tifosi lo vedono e si sparge la voce che l'ala ci sarà ma non è così, perché già da tre giorni la situazione era chiara: Nelson non ha recuperato dall'infortunio di fine agosto, non gestito bene se, fornita prima una versione dolce – «dieci giorni di stop» – e una successiva ottimista anche al tecnico – «salta la prima ma è guarito e gioca dalla seconda » – il giocatore è tuttora fuori. Ora, la Fortitudo è in una non semplice situazione: qualcuno dovrà rendere conto ma la priorità è puntellare il roster, dove ci sono tre centri e nessun quattro, ma ogni strada, da Iturbe a Radulovic, è in salita.
Così avvolta da incomprensioni, l'Upim si scalda tardi, lasciando il proscenio a Slay, 21 nel primo tempo con cesti ai limiti delle capacità umane, e, giocando con lo scacchiere preferito da Sacchetti, Wojcik impallina subito tre triple davanti alla non-difesa di Thomas e Bagaric. Capo d'Orlando, che al corri e tira vince spesso ma dietro apre interessanti praterie, sbaglia la bomba del +10 (19-26, errore di Slay, all' 8') e non riesce a mettere in partita Diener, 1/6 al thè e bella gabbia Effe, e Poz, emozionato e carico ma disordinato (3 perse). L'Aquila, in cerca d'un assetto che non trova, shakerata dagli urlacci di Mazzon – mitico uno a Bagaric, alla quarta persa in 4' – trascinata dal pubblico, è un incessante motorino di cesti, boiate, palle lanciate in tribuna (8 dopo 10', 15 all'intervallo), triple, grida. C'è di tutto, insomma, i salti a zona – prima Sacchetti, poi Mazzon – non spostano molto nel piano, perché dopo aver ispirato un primo sprint per tornare a contatto (25-26), è sempre Jenkins ad animare l'attacco avviando, con Torres, il 22-10 che spedisce i biancoblù sul 52-44.
I duelli son tracciati. Jenkins-Poz, col nostro a far benone e la Mosca a inseguirlo, Mancio- Slay, dominio di Tamar che dietro, però, soffre la notte da Nba di Oscarito, lunghi Capo d'Orlando versus chi volete, e qui l'Aquila veramente è tenera. La contesa è uno show dei reparti offensivi, come direbbero i calciofili, e star dietro alle folate è dura. L'Upim, fatta la rimonta, non piazza il colpo da ko, Poz ci mette del suo con un terzo periodo elettrizzante da 11 punti. È stato, quello, il momento migliore dell'Aquila, guarda caso solo 4 perse e dominio in area (+21 il saldo dei rimbalzi), ma appena s'allenta la concentrazione l'Orlandina torna a contatto (81-79, 5' al gong, Jenkins a sedere da troppo tempo). Non è stata sempre una bella Fortitudo, ma basta, e avanza, così.

Upim Bologna-Pierrel Capo d'Orlando 94-91 (23-26, 52-46, 73-68)

Fortitudo: Jenkins 24, Mancinelli 11, Cittadini 7, Torres 18, Lamma 3, Bagaric 4, Janicenoks 10, Kesicki ne, Sanguinetti ne, Thomas 13, Calabria 4, Cortese ne. All: Mazzon.
Capo d'Orlando: Pozzecco 25, Orsini ne, Bruttini 1, Howell 3, Ndoja 5, Mazeika ne, Fabi, Slay 29, Diener 7, Wallace 9, Wojcik 12, Gugliotta. All: Sacchetti.

Arbitri: Cerebuch, Seghetti, Materdomini.
Totale tiro: Bol 36/68 (10/30 da tre), CdO 30/61 (9/27 da tre). Tiri liberi: Bol 12/18, CdO 22/32. Rimbalzi: Bol 45, CdO 26. Assist: Bol 13, CdO 12. Spettatori: 4861.


Exsottosopra
00mercoledì 6 febbraio 2008 16:23
Parla mamma Pozzecco: "Che bella fatica crescerlo"
Tratto da Gazzetta.it
Data: 06/02/2008
Autore: Paolo Condò


Lalla Boedan racconta il rapporto col figlio Gianmarco: " A un anno è evaso dal lettino a gattoni. Ho sempre pensato che sarebbe diventato un campione: il problema era solo convincerlo a giocare con gli altri"


Lalla Boedan, madre di Gianmarco Pozzecco. Liverani

TRIESTE, 6 febbraio 2008 - Al telefono con Gianmarco Pozzecco. "Un’intervista a mia madre? E dovrei avvisarla? Proprio ieri sera abbiamo avuto una discussione... Insomma, una bella baruffa. Però è brutto se non l’avviso, eh? Va bene, la chiamo". Non la chiama. Manda un sms che adesso Lalla Pozzecco - sarebbe Laura ma è una lunga storia, ve la raccontiamo dopo - declama divertita nel salotto di casa ("almeno è coerente, ha detto che non l’avrei sentito per un po’ e tecnicamente non l’ho sentito"). Come ve l’immaginate la mamma di Pozzecco? Ecco, Lalla è così, minuta e vivace, un’irresistibile macchina da aneddoti. Papà Franco, vecchia roccia del basket triestino anni 70, è l’opposto: un orso Baloo colossale e pacioso. Dirà alcune cose bellissime, ma questo è il palcoscenico di Lalla. I rumori di fondo sono di un merlo che parla un eccellente dialetto giuliano.
IL DIFENSORE - "Regalo del figlio maggiore, Gianluca, detto il capobranco perché la leadership in famiglia è da tempo sua. Ha due anni più di Gianmarco, un negozio di computer, non ci ha mai dato pensieri e la sua vera professione è avvocato difensore del fratello. L’altra sera, come sa, abbiamo litigato: Gianluca mi ha chiamato dopo un po’ per dirmi che ero stata troppo dura. Si sono sempre voluti bene pur essendo molto diversi, cosa che Gianmarco un po’ pativa. Ricordo il suo sguardo beffardo un giorno che lo pizzicai a marinare la scuola, che nel nostro dialetto si dice fare lippe. 'Lo sai con chi ho fatto lippe, mamma? Con il santo'. Intendeva suo fratello".
TI GIURO - "A meno di un anno Gianmarco evade dal lettino scendendo un piano di scale a gattoni, a due mi espone a figure terribili in tram perché grida 'quella signora ha i baffi' indicando la poveretta, a tre mi costa la multa per non avergli pagato il biglietto sul bus, il cui controllore lo trova alto un metro esatto. Tornati a casa lo piazzo contro lo stipite che usiamo per le misure: 98 centimetri. 'Ma in autobus ero sulle punte dei piedi' dice trionfante. Da ragazzino la frase che gli sento dire più spesso è 'ti giuro che stavolta non è colpa mia'. L’altra, quando minaccio di fargli saltare l’allenamento se non finisce i compiti, è 'telefono a Franco'...". "Per lui - interviene il padre - non siamo mai stati papà e mamma, ma Franco e Lalla". "Tranne quando ha scoperto che il mio nome da ragazza era Laura Boedan. Cominciò a chiamarmi così cento volte al giorno, 'Laura Boedan, sono pronti gli spaghetti?', 'Laura Boedan, hai lavato la mia tuta?', 'Gianluca, hai visto Laura Boedan?'. Ho dovuto intimargli di tornare al Lalla. Crescerlo è stata la fatica più bella che possa augurare a ogni madre, i problemi sono sempre andati a braccetto con le soddisfazioni. Ma fatica lo sottolinei, eh... Ho sempre pensato che sarebbe diventato un campione, fin dal minibasket le cose gli venivano troppo facili. Il problema era convincerlo a giocare con gli altri. Se dava un assist e il compagno sbagliava, altri palloni se li sognava. Io lo rimproveravo. Era imbarazzante, le madri dei suoi amichetti mi squadravano furenti. E lui 'guarda che a portare su la palla ci si stanca, perché buttarla via'?".
IL CALCIO - "Io pensavo che sarebbe diventato un calciatore, non ha idea di quanto fosse divertente da vedere - dice il padre -. Forse ha puntato sul basket per battere il mio scetticismo". "La sera del debutto in serie A - di nuovo Lalla - era ospite con la squadra in tv. Mi chiama per segnalare la capigliatura 'creativa' scelta per l’occasione: a me le sue mattane piacciono, abbiamo lo stesso carattere, ma a Franco non dico niente, è più tradizionalista. Quando la telecamera inquadra il cranio quasi rasato, con i pochi capelli superstiti che disegnano un variopinto POZ, lui esplode 'adesso tutta Italia ha visto quella testa'...". Nella ricerca della stima cestistica di Franco quel debutto era solo il primo passo. Una notte squilla il telefono di casa, accendo la luce e vedo che sono le 3 e mezza. Pronto... "Mamma, sveglia tutti e metti il viva voce!". Ma Gianmarco, cos’è successo, hai visto che ore sono? "Il viva voce!". Due minuti dopo siamo radunati, io, suo padre e suo fratello. "Ci siete tutti? Tenetevi forte: Messina mi ha convocato in na-zio-na-le!"».
VICINI - "Questo è Gianmarco - dice Franco con tenerezza -. Ci ha sempre nascosto i suoi problemi facendoci invece partecipare in tempo reale alle sue gioie. E volendoci sempre vicini". "A Varese e Bologna ho vissuto lunghi periodi con lui - ricorda Lalla -. E’ incredibilmente geloso. Se metto un vestito appena scollato è capace di dirmi 'dove vai così conciata, credi di essere una ragazzina?'. Che tipo... Mi ha sempre trattato come una principessa, gli anni di Varese sono stati i più belli della mia vita. Gianmarco è un ragazzo buono, e devo dire che i tifosi di Cantù l’hanno capito, con quello striscione che l’ha commosso sino alle lacrime. L’ho preso come un indennizzo: una volta a Cantù ci corsero dietro, a tutta la famiglia intendo, se non fosse intervenuta la signora Recalcati sarebbe finita male". "Una volta Charly mi ha raccontato la riunione prepartita della finale-scudetto di Varese - racconta il padre -. Lui spiegava, Gianmarco tirava palline di carta a De Pol, che slacciava le stringhe a Meneghin, che infastidiva non so come Zanus Fortes. Charly pensò di interrompere, ma decise di far finta di niente. Andarono in campo, giocarono nel modo richiesto, e vinsero il titolo. Erano fatti così, avevano bisogno di abbassare la pressione. Per questo Recalcati ha convocato Gianmarco per ultimo all’Olimpiade di Atene, voleva preservarlo".
ATENE - "Ma in finale se l’è dimenticato in panchina - interviene Lalla -, l’Argentina si poteva battere. Ho visto la partita accanto a Benedetta Mazzini, la figlia di Mina, e una sua amica. Stravedevano per Gianmarco, alla fine mi hanno dato un numero di telefono da passargli. Era uno scherzo. Lui ha chiamato, e ha risposto... Mina. Sono rimasti un’ora a parlare, lei lo apprezzava, lui era incantato. Credo che il più incredibile dei suoi talenti sia comunicare. A Varese passava i pomeriggi nella villa dei Missoni, a chiacchierare in dialetto con Ottavio e Rosita, entrambi pazzi di lui". "A Mosca aveva un rapporto speciale con Vera Vakulenko, la potente vicepresidente del Cska - dice Franco -. Per parlare con quella donna la gente fa ore di anticamera, ma appena vede Gianmarco, non esiste nient’altro. Quando a un party la informarono che ero suo padre, mi fece trattare come un re. Grazie a mio figlio ho vissuto molto al di sopra di ciò che compete a un impiegato del Lloyd Adriatico, e gliene sarò grato per sempre". Lalla non dice più niente, "basta, altrimenti mi metto a piangere. Sono andata bene?". Benissimo signora, perché? "Perché magari legge l’intervista e mi telefona". Gianmarco, chiama la mamma o da domani scriviamo che sei scarso.

Dedicato a Crazy boys!!! [SM=g8428] [SM=g9361] [SM=g9361] [SM=g9361]
crazy boys
00mercoledì 6 febbraio 2008 17:16

Parla mamma Pozzecco: "Che bella fatica crescerlo"
Tratto da Gazzetta.it
Data: 06/02/2008
Autore: Paolo Condò

Lalla Boedan racconta il rapporto col figlio Gianmarco: " A un anno è evaso dal lettino a gattoni. Ho sempre pensato che sarebbe diventato un campione: il problema era solo convincerlo a giocare con gli altri"


Lalla Boedan, madre di Gianmarco Pozzecco. Liverani

TRIESTE, 6 febbraio 2008 - Al telefono con Gianmarco Pozzecco. "Un’intervista a mia madre? E dovrei avvisarla? Proprio ieri sera abbiamo avuto una discussione... Insomma, una bella baruffa. Però è brutto se non l’avviso, eh? Va bene, la chiamo". Non la chiama. Manda un sms che adesso Lalla Pozzecco - sarebbe Laura ma è una lunga storia, ve la raccontiamo dopo - declama divertita nel salotto di casa ("almeno è coerente, ha detto che non l’avrei sentito per un po’ e tecnicamente non l’ho sentito"). Come ve l’immaginate la mamma di Pozzecco? Ecco, Lalla è così, minuta e vivace, un’irresistibile macchina da aneddoti. Papà Franco, vecchia roccia del basket triestino anni 70, è l’opposto: un orso Baloo colossale e pacioso. Dirà alcune cose bellissime, ma questo è il palcoscenico di Lalla. I rumori di fondo sono di un merlo che parla un eccellente dialetto giuliano.
IL DIFENSORE - "Regalo del figlio maggiore, Gianluca, detto il capobranco perché la leadership in famiglia è da tempo sua. Ha due anni più di Gianmarco, un negozio di computer, non ci ha mai dato pensieri e la sua vera professione è avvocato difensore del fratello. L’altra sera, come sa, abbiamo litigato: Gianluca mi ha chiamato dopo un po’ per dirmi che ero stata troppo dura. Si sono sempre voluti bene pur essendo molto diversi, cosa che Gianmarco un po’ pativa. Ricordo il suo sguardo beffardo un giorno che lo pizzicai a marinare la scuola, che nel nostro dialetto si dice fare lippe. 'Lo sai con chi ho fatto lippe, mamma? Con il santo'. Intendeva suo fratello".
TI GIURO - "A meno di un anno Gianmarco evade dal lettino scendendo un piano di scale a gattoni, a due mi espone a figure terribili in tram perché grida 'quella signora ha i baffi' indicando la poveretta, a tre mi costa la multa per non avergli pagato il biglietto sul bus, il cui controllore lo trova alto un metro esatto. Tornati a casa lo piazzo contro lo stipite che usiamo per le misure: 98 centimetri. 'Ma in autobus ero sulle punte dei piedi' dice trionfante. Da ragazzino la frase che gli sento dire più spesso è 'ti giuro che stavolta non è colpa mia'. L’altra, quando minaccio di fargli saltare l’allenamento se non finisce i compiti, è 'telefono a Franco'...". "Per lui - interviene il padre - non siamo mai stati papà e mamma, ma Franco e Lalla". "Tranne quando ha scoperto che il mio nome da ragazza era Laura Boedan. Cominciò a chiamarmi così cento volte al giorno, 'Laura Boedan, sono pronti gli spaghetti?', 'Laura Boedan, hai lavato la mia tuta?', 'Gianluca, hai visto Laura Boedan?'. Ho dovuto intimargli di tornare al Lalla. Crescerlo è stata la fatica più bella che possa augurare a ogni madre, i problemi sono sempre andati a braccetto con le soddisfazioni. Ma fatica lo sottolinei, eh... Ho sempre pensato che sarebbe diventato un campione, fin dal minibasket le cose gli venivano troppo facili. Il problema era convincerlo a giocare con gli altri. Se dava un assist e il compagno sbagliava, altri palloni se li sognava. Io lo rimproveravo. Era imbarazzante, le madri dei suoi amichetti mi squadravano furenti. E lui 'guarda che a portare su la palla ci si stanca, perché buttarla via'?".
IL CALCIO - "Io pensavo che sarebbe diventato un calciatore, non ha idea di quanto fosse divertente da vedere - dice il padre -. Forse ha puntato sul basket per battere il mio scetticismo". "La sera del debutto in serie A - di nuovo Lalla - era ospite con la squadra in tv. Mi chiama per segnalare la capigliatura 'creativa' scelta per l’occasione: a me le sue mattane piacciono, abbiamo lo stesso carattere, ma a Franco non dico niente, è più tradizionalista. Quando la telecamera inquadra il cranio quasi rasato, con i pochi capelli superstiti che disegnano un variopinto POZ, lui esplode 'adesso tutta Italia ha visto quella testa'...". Nella ricerca della stima cestistica di Franco quel debutto era solo il primo passo. Una notte squilla il telefono di casa, accendo la luce e vedo che sono le 3 e mezza. Pronto... "Mamma, sveglia tutti e metti il viva voce!". Ma Gianmarco, cos’è successo, hai visto che ore sono? "Il viva voce!". Due minuti dopo siamo radunati, io, suo padre e suo fratello. "Ci siete tutti? Tenetevi forte: Messina mi ha convocato in na-zio-na-le!"».
VICINI - "Questo è Gianmarco - dice Franco con tenerezza -. Ci ha sempre nascosto i suoi problemi facendoci invece partecipare in tempo reale alle sue gioie. E volendoci sempre vicini". "A Varese e Bologna ho vissuto lunghi periodi con lui - ricorda Lalla -. E’ incredibilmente geloso. Se metto un vestito appena scollato è capace di dirmi 'dove vai così conciata, credi di essere una ragazzina?'. Che tipo... Mi ha sempre trattato come una principessa, gli anni di Varese sono stati i più belli della mia vita. Gianmarco è un ragazzo buono, e devo dire che i tifosi di Cantù l’hanno capito, con quello striscione che l’ha commosso sino alle lacrime. L’ho preso come un indennizzo: una volta a Cantù ci corsero dietro, a tutta la famiglia intendo, se non fosse intervenuta la signora Recalcati sarebbe finita male". "Una volta Charly mi ha raccontato la riunione prepartita della finale-scudetto di Varese - racconta il padre -. Lui spiegava, Gianmarco tirava palline di carta a De Pol, che slacciava le stringhe a Meneghin, che infastidiva non so come Zanus Fortes. Charly pensò di interrompere, ma decise di far finta di niente. Andarono in campo, giocarono nel modo richiesto, e vinsero il titolo. Erano fatti così, avevano bisogno di abbassare la pressione. Per questo Recalcati ha convocato Gianmarco per ultimo all’Olimpiade di Atene, voleva preservarlo".
ATENE - "Ma in finale se l’è dimenticato in panchina - interviene Lalla -, l’Argentina si poteva battere. Ho visto la partita accanto a Benedetta Mazzini, la figlia di Mina, e una sua amica. Stravedevano per Gianmarco, alla fine mi hanno dato un numero di telefono da passargli. Era uno scherzo. Lui ha chiamato, e ha risposto... Mina. Sono rimasti un’ora a parlare, lei lo apprezzava, lui era incantato. Credo che il più incredibile dei suoi talenti sia comunicare. A Varese passava i pomeriggi nella villa dei Missoni, a chiacchierare in dialetto con Ottavio e Rosita, entrambi pazzi di lui". "A Mosca aveva un rapporto speciale con Vera Vakulenko, la potente vicepresidente del Cska - dice Franco -. Per parlare con quella donna la gente fa ore di anticamera, ma appena vede Gianmarco, non esiste nient’altro. Quando a un party la informarono che ero suo padre, mi fece trattare come un re. Grazie a mio figlio ho vissuto molto al di sopra di ciò che compete a un impiegato del Lloyd Adriatico, e gliene sarò grato per sempre". Lalla non dice più niente, "basta, altrimenti mi metto a piangere. Sono andata bene?". Benissimo signora, perché? "Perché magari legge l’intervista e mi telefona". Gianmarco, chiama la mamma o da domani scriviamo che sei scarso.

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