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[COLORE=#B6FF00][DIM=16pt][G]Scattano i Play Off. Il tabellone[/G][/DIM][/COLORE]

Ultimo Aggiornamento: 17/05/2012 16:15
17/05/2011 01:51
 
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Teramo paghera' i 500 mila euro. Antonetti: 'Serie A troppo importante'


16/05/2011 15:18


- Repubblica.it -




Carlo Antonetti è il primo presidente nella storia dello sport italiano che si trova a dover fare una scelta senza precedenti. La sua Teramo ha chiuso la stagione al penultimo posto della classifica. Fino all'anno scorso sarebbe retrocessa, ma ora può evitarlo pagando il "premio di risultato", detto anche e altrettanto impropriamente "wild-card". Entra una settimana deve formulare il suo intendimento di accedere all'opportunità, ed entro un mese mettere a disposizione della Lega mezzo milione di euro (contanti o fidejussione bancaria). Che poi andranno in tasca alla seconda classificata di Legadue, a parziale risarcimento della promozione che non c'è più. A poco più di due minuti dalla fine, la Banca Tercas vinceva a Bologna di sette punti, in controllo sulla gara. Un fallo antisportivo sanzionato a Fletcher su Sanikidze ha innescato la reazione della Virtus, che da quel momento non ha sbagliato più nulla (5/5 al tiro, 4/4 ai liberi). Ha sorpassato e vinto. A Teramo, che con De La Fuente ha fallito il tiro della vittoria sulla sirena, è rimasta la rabbia per quel fischio e ciò che ha comportato. Complici peraltro i giocatori e quel che hanno saputo fare in quegli ultimi due minuti.

Presidente Antonetti, peggio la serata o la nottata?
"La serata è finita male, la rabbia è continuata nella notte e resta intatta oggi. Stavamo realizzando un sogno sportivo, con sacrificio, impegno, lavoro, senso di unità in mesi molto difficili. Eravamo già retrocessi e abbiamo continuato a combattere".

Se l'analisi della partita resta la stessa di ieri, la sua qual è?
"A Bologna abbiamo giocato una grande partita, meritando una vittoria che avevamo in mano. Il lato economico ha una valenza non indifferente, ma ciò che fa più male è la sconfitta morale per un fischio che ci ha negato l'impresa sportiva. Che resta l'essenza di questo mondo, al di là della posta in palio".

Il vostro girone di ritorno a lungo è valso quello di Varese e Bologna. Prima però tanti errori, quali?
"I problemi sono iniziati con il girone di ritorno dell'anno scorso, fatto di tante sconfitte che hanno scaricato l'ambiente. Intaccando anche il valore di Capobianco, persona che stimo e cui sono rimasto legato. La nostra stagione poi è iniziata con la sconfitta dopo un supplementare contro Milano, avanti di otto a tre minuti dalla fine. Proseguita con quella con Sassari prendendo canestro a 50 centesimi dalla sirena. Episodi che hanno accelerato la crisi, sono emersi problemi con alcuni giocatori, l'infortunio di Show, la ricerca di alternative sul mercato non arrivate nei tempi desiderati. Siamo partiti 0/6 e questo ha creato ansia, l'idea che non fossimo capaci di vincere una partita".

E' stata una stagione più sofferta per la squadra o per il club?
"Per il club molto sofferta. Ma vissuta con grande dignità, cercando per quanto possibile di non farla gravare sulla squadra. Il rischio che tutto si sfasci esiste anche nelle migliori famiglie. Abbiamo sempre creduto nei valori umani di chi formava questo gruppo e la prova tangibile di questo è l'essere arrivati all'ultima giornata ancora in corsa per l'impresa".

C'è un filo conduttore: dopo la coppa europea i club vanno in affanno. E' successo a Napoli, Avellino, Biella, voi.
"Abbiamo vissuto otto anni di Serie A salvandoci bene. Con una stagione strepitosa tre anni fa, terzi. Una specie di doping, un campionato così importante per un ambiente piccolo e non abituato a questo. L'Europa diventa una conseguenza, la difficoltà non è stato il competere in coppa quanto ciò che questo crea: il roster che va allungato, l'idea che il tuo target diventi medio-alto, i costi che salgono. Ma spendi soprattutto per difendere il tuo posto nei playoff, che è quel valore che non puoi perdere ma, al tempo stesso, diventa una sciagura. Se un anno li fai e quello dopo no, si perde la dimensione dell'impresa. C'è finita dentro anche Caserta, quest'anno. L'Europa non dà ritorno, ma ciò che pesa sono i costi italiani, la fiscalità. Ed il grande equilibrio: con cinque vittorie in più eravamo tra le seste".

Pensa che dopo otto anni di A a Teramo siano state esaurite, o saccheggiate, tutte le risorse? Un mese fa ha lanciato un appello. Dicendo "non ce la facciamo" e non era rivolto al mezzo milione.
"In questi ultimi giorni ho trovato consapevolezza attorno a ciò che valiamo. Questo club è cresciuto su tre pilastri ma quello delle istituzioni è venuto meno, quello dell'imprenditoria ha ridotto il suo apporto e così siamo rimasti noi tre soci a far sacrifici enormi. Dobbiamo rimettere in piedi un sistema e devo dire che uno spiraglio di luce si vede. Venerdì ad esempio abbiamo adempiuto a tutte le scadenze previste, in leggero anticipo sui tempi. C'è fermento e quindi possibilità. E le istituzioni devono tornare a darci un sostegno, la cultura non è solo andare a teatro o leggere un libro".

C'è anche un'altra verità: fino all'anno scorso, oggi Teramo sarebbe retrocessa. Stavolta invece no, le si offre una chance di salvare il suo diritto.
"E' vero. Dopo la sconfitta di Brindisi eravamo retrocessi. Andare a Bologna a giocarci il terz'ultimo posto è stata già un'impresa. La stavamo completando, con la vittoria. Ora dobbiamo trasformare la rabbia in energia positiva".

Parliamo del premio di risultato, della sua origine e della sua applicazione: era nato con l'idea di un ranking, oggi lo si vede come una multa salatissima e nulla più. Concorda?
"S'è fatta una cosa all'italiana, a mezza strada. Che fosse così si sapeva dall'inizio, capisco che la percezione è negativa, va perfezionata perché non rende onore ai meriti acquisiti negli anni e che svaniscono per una stagione sbagliata. In questo momento la retrocessione è un problema: alza i costi, non aiuta lo sviluppo, rende difficile far giocare gli italiani. Poi l'equilibrio che c'è coinvolge molte squadre e ci generano tensioni. E tra Serie A e Legadue c'è un abisso".

Lei è il primo presidente che deve soppesare la scelta. Salvare il titolo, che costa mezzo milione di euro, oppure accettare la Legadue che con una riduzione dei costi potrebbe dare un futuro meno complesso al club, in tempo di riduzione degli introiti.
"Oggi posso dire che i nostri sforzi sono tutti diretti per pagare quella cifra, mantenendo il diritto di Serie A. Una scelta forse antieconomica, ma logica per ciò che questo club rappresenta per il territorio. E poi noi la Legadue l'abbiamo fatta solo per sette mesi, saliti e subito promossi. Qui non c'è cultura di Legadue, ma quella di otto anni di Serie A. E tra i due campionati la differenza percepita è molto alta".

E' stato anche il primo presidente che, entrando in un palasport, ha provato a sbancarlo. Altrimenti avrebbe perso mezzo milione. Neanche al casinò...
"Una sensazione stranissima, molto pesante da sostenere. Un destino troppo legato alla pallina, al croupier, alla fortuna. Il bello dello sport è che a decidere tutto sia una partita, ma oggi si sono caricate di significati troppo elevati. Dal casinò sono uscito più povero, ma la ferita che sarà più dura da rimarginare sarà quella morale".

Cosa accadrà in questa settimana?
"Riuniremo la società, ma essendo in tre si fa presto... Inviteremo quanti ci possono dare un sostegno: le Istituzioni della città, della Provincia e della Regione. Ed i nostri sponsor, tutti quelli che ci vogliono dare una mano".

Di squadre che hanno fatto bene ne ha avute parecchie, giocatori come allenatori: il gruppo di Ramagli dove lo mette in questa classifica?
"In tutta sincerità, escludendo il grande lavoro di Ramagli, i primi sette mesi vorrei cancellarli. Negli ultimi due invece la qualità di questa squadra ha raggiunto livelli insperati".

Salvata la Serie A si riparte da Ramagli, quindi?
"La sua positività ha generato un forte senso di riscatto. Perché abbiamo comunque realizzato un'impresa, pure se incompiuta. Appena potrò farlo esprimerò a Ramagli il desiderio di ripartire con lui".

Ma lei, Antonetti, ha ancora desiderio di proseguire?
"Dopo dodici anni, da padre rischio di diventare nonno di questo club. Ma l'abbiamo creato assieme a qualche amico, spinto dalla passione per uno sport che ho giocato e porto dentro. Amo questa creatura, l'imprenditore arriva e se ne va, la passione invece non tradisce. L'impegno è sempre più gravoso e complesso. Però dopo quello che è successo ho una grande carica dentro. Anche per come è successo".

Certo che, all'ultima giornata, quel 4/4 da 3 punti di Peppe Poeta non se l'aspettava...
"Ho visto che rispetto a quando giocava da noi è molto migliorato nel tiro da tre... Sono contento per la Nazionale".

Stefano Valenti



vedremo come andrà a finire questa vicenda..
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