CASERTA, 12 febbraio 2009 - Un pomeriggio di becera follia. Come succedeva qualche anno fa, nel calcio, nei campionati di quarta serie. Solo che qui si è nel basket. Serie A, per la precisione. Ore 18.15 di ieri, Palamaggiò di Castelmorrone, Caserta. La squadra, agli ordini del tecnico Fabrizio Frates e del vice Massimiliano Oldoini, sta svolgendo da 45’ la seduta d’allenamento. È mercoledì, quindi aperta al pubblico. Il momento non è dei migliori, sportivamente parlando. La Eldo nelle ultime sette giornate ha perso sei volte. E nelle tre trasferte di Avellino, Cantù e Milano sono arrivate sconfitte di 27, 28 e 30 punti. Nonostante questo, resta al terzultimo posto: salva.
INVASIONE - Ma qualcuno ha pensato che per smuovere le acque, invece della tranquillità e del lavoro, occorre la violenza. Ed ecco che quindi, all’improvviso, la squadra sente da lontano cori, urla. "Ci siamo rotti il ca..., ci siamo rotti il ca...". Saranno stati una quarantina, dicono i testimoni che hanno assistito al fattaccio. Tutti appartenenti ai vari gruppi di tifosi (tifosi?) che seguono la squadra, in questa stagione tornata in A dopo 14 anni. Ci sono facce non certo rassicuranti, si capisce che il loro intento non è pacifico. Sospendono l’allenamento, prendono un pallone e lo lanciano in tribuna. In un attimo si arriva agli spintoni, alle mani in faccia, in petto, alle minacce. Dicono che vogliono parlare a tutta la squadra. Diaz, Slay (il più nervoso e seccato di tutti) e Jenkins non ci stanno. Accettano lo scontro fisico. "Andate via, chi siete? Cosa volete?". A questo punto, gli animi si scaldano ancora di più. "Qui comandiamo noi — dice il branco —, ci dovete ascoltare e basta".
DISCORSETTO - Anche Frates e il g.m. Betti capiscono che, per evitare guai peggiori, è il caso di piegarsi alla richiesta. Convincono i giocatori, comincia il discorsetto. "Se domenica contro la Benetton non si vince, da qui non si esce. Tutti. Se dobbiamo andare in LegaDue ci andiamo a modo nostro. Abbiamo fatto 2000 chilometri per andare a Milano e tornare, e vedere la vostra merda. Se avete dei problemi, risolveteli, ma la domenica dovete onorare la nostra maglia e la nostra città. Qui siamo a Caserta e non scherziamo".
TERRORE FOSTER - Sconvolta, la squadra incassa le minacce e riga dritta negli spogliatoi. Impaurita, choccata. Frates e Betti cercano di parlare ai giocatori, ma non ci sono frasi che tengano. "Noi andiamo via di qui, questo è uno schifo", dicono Diaz, Slay e Jenkins. Mentre Foster, l’altro extracomunitario, uno dei più contestati da tempo, giovanotto 22enne di due metri, uscito per la prima volta in estate fuori dagli States, è ancora incredulo, ha paura. Si farà accompagnare a casa da un dirigente casertano, teme che qualcuno lo possa seguire e picchiare. Si sentono botti, sono tre petardi. Da non credere. C’è chi si fa la doccia, chi scappa subito. Tutti i giocatori fuggono verso le proprie case, verso un po’ di tranquillità dopo l’osceno pomeriggio.
SEGNALE FORTE - Tutti fanno trillare il cellulare a vuoto. Molti sono spenti. Arriva qualche sms di risposta. "Non c’è niente da raccontare, si è già detto fin troppo, ora tocca solo fare". Della società, il presidente Caputo risulta irrintracciabile, mentre Betti si limita a un "non ho nulla da dire". L’impressione è che, dopo il pomeriggio di follia e le minacce ricevute, oggi tutti torneranno ad allenarsi. Alle 10 c’è una seduta atletica, alle 18 il lavoro tecnico. Ma occorre un segnale forte. Non si può restare in silenzio. I dirigenti hanno il dovere di parlare, di isolare questi teppisti e condannare l’atto. Perché altrimenti si cade nella rete. Caserta nel 1991 vinse uno scudetto, ed è rimasta l’unica società del Sud ad avere questo vanto. Ieri, l’azione del branco può averla lentamente condotta verso la LegaDue. Il basket non era mai arrivato fino a questo punto. Fino alle 18.15 di ieri. Peccato.
Mario Canfora - Gazzetta dello Sport